Questo è il primo di una serie di post di riflessione sull’importanza della statistica nella pratica clinica e assistenziale.

Sia per la comprensione degli articoli scientifici, che per interpretare alcuni degli eventi clinici quotidiani, la statistica è molto importante. Servirebbe una risposta sincera alla domanda: “La statistica e l’epidemiologia clinica debbano far parte del bagaglio culturale del medico pratico?”

Se rispondiamo positivamente (come sembra dalle dichiarazioni dei più) non potremo continuare a insegnare queste materie in modo più o meno velleitario e facoltativo, come cosa riservata a poche menti brillanti, mentre la maggioranza continuerà a dichiararsi “negata”, e non necessariamente soffrendone, ma spesso addirittura rivendicando con orgoglio la superiorità della pratica clinica e del rapporto con i pazienti, rispetto alla freddezza dei numeri.

I problemi più comunemente incontrati, nel continuo confronto quasi quotidiano con i colleghi in ambito formativo, permette forse di chiarire meglio quanto detto. Pur limitandosi agli errori relativi alle parti più semplici della statistica, le basi della statistica descrittiva e di quella inferenziale, possiamo infatti notare, tra i maggiori e più frequenti problemi, i seguenti.

• Scarsa conoscenza e sottovalutazione della statistica descrittiva. Ad esempio, il concetto di media è arcinoto a tutti, ma non sempre lo è quello di media ponderata.
Un vecchio trucco: “un gruppo di 20 soggetti ha una glicemia media pari a 90 mg/100 ml; un altro gruppo di 40 pazienti ha una media di 72 mg/100 ml”. Se si ha l’accortezza di “nascondere” le numerosità dei due campioni con discorsi distraenti, arricchendo cioè il discorso di elementi accessori, molti colleghi interrogati a bruciapelo diranno che la media generale vale (90+72) / 2 = 81. Risposta sbagliata! Pesando i valori di glicemia per le rispettive numerosità la media non può che essere pari a 78. Infatti (90×20 + 72×40) / 60. Risposta corretta.

Scarsa familiarità con il concetto di statistica non parametrica: spesso le distribuzioni sono molto lontane dalla gaussiana, dunque la media ha scarso significato, molto meglio la mediana e i quantili. Ancor meno senso ha in questi casi la deviazione standard. Parecchi articoli anche su riviste prestigiose ospitano ancora tabelle con valori di deviazioni standard molto superiori a quello della media, chiaro indice di asimmetria o comunque di scarsa gaussianità. “L’incremento medio del FEV1 nel gruppo dei trattati è stato pari a 0,12 litri (DS 0,43)”.

Confusione tra il concetto di deviazione standard e quello di errore standard. Quando utilizzare l’uno piuttosto che l’altro, sembra per molti quasi una scelta indifferente. Sappiamo invece come l’una serva per descrivere, l’altro per fare inferenza.

Nel prossimo post: continua la serie degli “errori”… Tra questi:

• Utilizzo “allegro” dei test statistici
• Uso sconsiderato dei vari test
• Troppa fiducia nei risultati “positivi
• Frettolosa archiviazione dei risultati “negativi
• Cattiva presentazione dei risultati.